martedì 18 settembre 2012

martedì 18 settembre,
ciao a tutti. Mi trovo nell'ufficio del parroco di Orsieres che mi ha permesso, cortesemente, di usare la sua connessione. La prenotazione all'Ospizio del Gran S.Bernardo è fatta e domattina ore 7,30 partenza per raggiungere il passo. Oggi tappa magnifica, passando per il bel villaggio di Chemin, percorso più impegnativo e faticoso che con 23 km e 500 mt di salita (buona preparazione alla salita al Passo), anzichè dal più facile  e rumoroso itinerario di fondovalle, ha permesso di vedere un bellissimo paesaggio e di raggiungere Orsieres. Nell'occasione ho potuto incontrare il Fondatore di Aivf che dal 1997 si impegna per la ricerca e valorizzazione della via Francigena (intesa sempre come fascio di strade ), con il quale ho potuto scambiare opinioni al riguardo. Sono 3 mesi esatti di cammino e fra escursioni e cammino ho messo insieme circa 2700 km.
Faccio un passo  indietro perchè ieri, per me, è stata una giornata importante. La tappa non ha riservato nulla di particolare, quasi tutta a mezzacosta tra boschi, un poco di rumore del traffico sulla strada principale e parte del percorso lungo il fiume per raggiungere Martigny.
E' stata molto bella la permanenza nel B&B a Chietres, splendido esempio di ospitalità rurale, edificio povero, ambiente essenziale e caratteristico, cibi prodotti in loco e sveglia alle 5 con lo scampanellio delle mucche che andavano al pascolo. Tutto intorno castagni datati, pascoli verdissimi e al centro dell'alpeggio un maestoso cedro. Questa esperienza mi ha ricordato, con molto piacere, i posti tappa della grande traversata delle Alpi piemontesi che ho frequentato più volte, ambienti rimasti ai margini del grande turismo e per questo ancora molto autentici.
Un altro aspetto caratterisitco del percorso di ieri è stato vedere i boschi di castagno a fianco dei vigneti e a Martigny i vigneti che si arrampicavano sui pendii come gli stambecchi sulle rocce, ogni piccolo fazzoletto coltivabile è stato sfruttato per fare vino.
La Cittadina è stata, invece, una delusione, gli insediamenti industriali ed un'edilizia disordinata hanno stravolto una valle e un paese che ad inizio secolo, dalle foto d'archivio, si capiva come fosse elegante e curato, con gli edifici tutti delle stesse dimensioni e caratteristiche e con viali fiancheggiati da bei platani. Proprio in questi giorni ho visto completare il rifacimento della piazza principale dove hanno collocato i nuovi platani così vicini tra loro che, quando cresceranno, i loro rami dovranno fare stretching verso il cielo per agguantare un pò di sole e di aria.
La nota positiva è venuta dalla calda accoglienza che mi ha riservato il giovane parroco Josef, con cui ho avuto modo di scambiare qualche impressione mentre mi accompagnava nei locali per i pellegrini. Rimasto solo nel piccolo appartamento, dopo poco è venuto a farmi visita e a portarmi un piccolo pensiero il sacrestano Josè, che nonostante il nome è nato in Svizzera. Abbiamo iniziato una lunga e bella conversazione durante la quale ha voluto offrirmi del vino rosso e mi ha raccontato alcuni fatti importanti della sua vita che mi hanno molto impressionato. Il discorso si è fatto profondo e veramente interessante, quando, ad un tratto, hanno suonato alla porta, era una signora della parrocchia che accompagnava un uomo marocchino; mi ha chiesto se Assan, questo era il suo nome, poteva dormire nell'appartamento per quella notte, io ho accettato molto volentieri ma  mi sembrava scontato, visto che io ero ospite in quella casa.
Questo era un altro segno, e quello che mi aveva appena detto il sacrestano era in linea con quanto stava accadendo.
Nulla viene per caso, a due giorni dal rientro in Italia; Josè ci ha salutato calorosamente ed io ho preparato la cena per me ed Assan. Mi ha raccontato che, 52 anni e da trenta in Valle d'Aosta con la famiglia, è dovuto venire a cercare lavoro in Svizzera perchè in Italia la crisi sta tagliando posti di lavoro, ieri era il suo primo giorno di prova e non aveva un posto per la notte.
Per me la giornata era stata molto faticosa, la voglia di camminare si riduceva sempre di più, un pò di dolori ai piedi facevano, insieme al peso dello zaino, sentire la marcia ancora più impegnativa, ma, improvvisamente, la serata prendeva un altro verso e si caricava di incredibile energia.
Nell'ultimo mese spesso i miei pensieri andavano alle domande che mi avevano rivolto le persone che mi avevano ospitato, le persone comuni come i parroci o i pastori evangelici, andavano alla lettera che una pellegrina aveva scritto sulla newsletter di una libreria del nord a cui sono iscritto.
Michel e Brigitte durante la sera in cui mi avevano ospitato ad Hoenvestedt mi avevano chiesto se, visto che loro avevano deciso di ospitare uno sconosciuto, al mio ritorno a casa, anche io mi sarei sentito di fare altrettanto con chi avesse  avuto bisogno... bella domanda e difficile la risposta. In certe situazioni bisogna trovarcisi per poter dire come reagiremmo, comunque, avevo promesso che al termine del cammino forse avrei potuto rispondergli. Successivamente ne avevo parlato con il pastore di Alestedt che mi aveva raccontato di tutti quelli che aveva ospitato, pellegrini e non.
Io durante questo tempo avevo riflettuto sull'argomento e avevo visto il problema dal lato opposto; io ero uno che stava camminando, stanco e con lo zaino sulle spalle, quindi un individuo, comunque, con una sua caratteristica, positiva o negativa non so, ma identificabile, c'era quindi già una selezione, forse, a vantaggio mio. Stesso discorso per l'ospitalità dei Servas dove, comunque, si ospitano persone iscritte alla stessa associazione, che, teoricamente, forniscono delle garanzie, anche in questo caso c'è un ulteriore selezione.
Allora io avrei potuto rivolgere a me stesso o a Michel e Brigitte la domanda: ma voi lo avreste ospitato un cittadino qualunque che si presentasse alla v.s. porta senza avere lo zaino e senza essere in cammino?
Ieri sera, pensando spesso all'opera di Ortwin Mushall, l'introspezione, una lunga corda di legno che  si torce in mille curve, nel momento che Assan si è seduto al tavolo per cenare con me, ho realizzato  che si stava materializzando la situazione  a cui avrei voluto dare una risposta: il cittadino comune che chiede ospitalità, quello con lo zaino INVISIBILE, ma molto più grande e pesante del mio.  Io sono in viaggio per un cammino, per lavoro, per diletto ma quando voglio posso decidere di fermarmi e tornare a casa mia, ai miei affetti, lui è in cammino da trenta anni e forse nella sua terra tornerà solo alla fine...
Sulla lettera della pellegrina che apre e chiude un'altra pagina e altri aspetti del cammino tornerò più avanti, ma la serata di ieri è stata una grande iniezione di energia, con molte certezze in più, per proseguire il mio cammino. Ora, però, non posso abusare dell'Ospitalità del parroco e devo lasciare, vado a preparare la cena e poi a letto per affrontare... forse, la neve di domani.
Buonanotte, Nino