martedì 6 novembre 2012


Lunedì 5 novembre,
ciao a tutti. Ieri sera avevo dimenticato di dare una notizia importante. Quando sono rientrato all'ostello per la notte ho scoperto che stavano aspettando uno svizzero...Rashid, che aveva bruciato tappe e km per chiudere l'avventura il lunedì. Io stesso avevo immaginato di poterci rivedere l'ultimo giorno e così è stato. Bella chiusura.
Questa mattina, prima della colazione, gli ospitalieri ci hanno voluto dare il benvenuto (in ritardo per motivi oggettivi) con la simbolica lavanda dei piedi, come la Confraternita usa fare, preceduta da una preghiera al pellegrino davvero bella. Poi, i saluti e la partenza, a piedi, verso S.Pietro, per incontrare Goran e la sua ragazza.
Espletate le pratiche burocratiche in Vaticano, ci hanno consegnato il testimonio e siamo stati accompagnati a visitare la tomba di S.Pietro, luogo molto suggestivo e ricco di storia.
A quel punto abbiamo concretizzato che tutto si stava concludendo, un poco dispiaciuti e disorientati dalla nuova situazione che si stava sviluppando ci siamo seduti ad un bar per il caffè e sono cominciate le conversazioni e le valutazioni sui progetti futuri. Il pensiero più grande, però, era come riuscire ad affrontare, di nuovo, la realtà quotidiana, con i ritmi acquisiti sul cammino senza farsi travolgere da ciò per cui avevamo deciso di partire e affrontare l'esperienza.
Tra i giovani del gruppetto circolavano dubbi sulla possibilità di mettere in pratica, nel quotidiano, quanto di positivo avuto sul cammino, alternati al racconto di esperienze passate e future oltre al pensiero comune su come raggiungere l'affascinante meta di Gerusalemme.
Sia Rashid che Goran, prossimi trentenni, mi sono reso conto che hanno una marcia in più e molte più conoscenze di quando io avevo la loro età; a quel tempo, forse, solo gli alternativi avevano viaggiato e conosciuto altri mondi e culture, specie quelle orientali, con modi di spostarsi non proprio usuali.
Oggi, sicuramente, queste nuove generazioni incontrano un mondo più difficile ed incerto, ma proprio certe esperienze gli possono permettere di affrontare la realtà con una visione più aperta.
E' ora di andare, li lascio ai loro progetti, staranno ancora qualche giorno a Roma e dintorni. Un abbraccio, nella convinta speranza di potersi rivedere e parto, a piedi, verso la Stazione Termini.
Il tempo corre e i treni partono, è inutile indugiare oltre, per ora è finita, decido allora di salire sul bus, ma passando davanti al Campidoglio vedo i pannelli di una mostra organizzata dal'Opera Romana Pellegrinaggi sui ...Cammini. Non ci penso due volte e salto giù. Entro, un allestimento ben fatto per una visita non troppo lunga ma che mi permette di portare l'attenzione sui dintorni di Roma che meriterebbero una visita approfondita. Nuovi orizzonti e luoghi da visitare ma mi convinco, in questo momento, di aver fatto la scelta giusta, ero indeciso se trattenermi a Roma per qualche giorno e conoscerla meglio o tornare subito a casa.
Ogni cosa ha bisogno del suo tempo, ora non sarei nello spirito di fare il turista, per me l'esperienza si chiude con il ricordo degli ultimi importanti incontri, delle n.s. lunghe chiacchierate, delle interessanti osservazioni sulle esperienze vissute, delle ultime preghiere ascoltate e lette, dell'immagine, alla stazione Termini, della coppia di barboni che bivaccava sul marciapiede in una condizione disumana. Due biciclette cariche di ogni cosa e coperte da teli di plastica che fungevano anche da capanna, l'uomo sdraiato a terra e la donna, anziana, seduta con le gambe incrociate e lo sguardo nel nulla. Un'immagine tristissima, di quelle che si vedono nelle mostre dei grandi fotografi, io, però, non ce l'ho fatta a scattare, il rispetto per la loro condizione ha prevalso sulla possibilità di documentare, ho preferito lasciargli la busta dei viveri rimasti... perchè il cammino deve continuare... per essere pellegrini per sempre.
Ora, infatti, comincia il bello e anche il più difficile, ma proprio per questo ancora più entusiasmante. Il cammino di Nikulas, poi, è diventato il mio cammino, ma anche il cammino di tutti quelli che incontrandomi fisicamente o virtualmente, hanno fatto una scelta, hanno dovuto o voluto prendere una decisione: seguirmi, aiutarmi, sostenermi o, semplicemente, leggermi.
Anche una semplice lettura può far nascere una riflessione che ci spinge ad affrontare cambiamenti, a scegliere, a modificare il proprio cammino.



















































Quando sono partito avevo alcune idee sul concetto di cammino. La mia esperienza, in tal senso, era stata brevissima e di gruppo, ma abbastanza importante e significativa da chiarirmi le idee. Sul cammino islandese ne ho avuto le conferme.
Tempo fa una cara amica era appena tornata da un suo cammino in solitaria e mi aveva detto che era stato molto bello: grandi paesaggi, bei monumenti, ma non aveva sentito quell'atmosfera particolare che altri dicevano di aver trovato.
Un' altra donna invece, qualche mese fa, scriveva di essere stata chiamata dal cammino e di aver vissuto una incredibile esperienza. Era tornata a casa “disturbata” e profondamente cambiata, la figlia non la riconosceva più, la donna diceva di non sentire più il bisogno di possedere molti oggetti e di non avere bisogno di mangiare troppo cibo. Era in uno stato di felicità particolare e allo stesso tempo di preoccupazione, la paura che, nella vita di tutti i giorni, non si potesse vivere nello stesso modo come sul cammino, dove tutti fraternizzavano, si aiutavano e si sostenevano nella fatica, dove tutti erano amici. Chiedeva di essere aiutata a capire il “miracolo”.
Io ho sempre pensato e l'ho verificato camminando da solo, che sul cammino si possono sentire ed incontrare momenti ed emozioni particolari se si è partiti con lo spirito aperto in questa direzione (ricordo Cristoph che, ad una mia domanda, rispose che il pellegrino si riconosce per come si pone, per il suo sguardo …), diversamente sarà stato un lungo viaggio più o meno interessante, fatto di ambienti, paesaggi, di cultura ma difficilmente di incontri e cambiamenti.
Penso, anche, che il cammino non si possa definire un miracolo; è un passaggio importante della vita, in qualche caso fondamentale, un'esperienza che può essere interpretata e vissuta come un insieme di segni (io dico che è tutto un segno, dal giorno che si sente di partire al momento che si comprende che l'esperienza si è momentaneamente conclusa) se si è credenti oppure un treno che passa e di cui si può capire che bisogna salirvi, se non si crede.
Rimane, però, un'esperienza nostra ed estremamente personale, in parte condizionata dal tipo di vita condotta fino a quel momento e dalle vicende accadute. Non possiamo immaginare di tornare a casa e trovare nella quotidianità, quell'atmosfera che una situazione, un poco irreale, come il cammino, ci ha permesso di vivere. Sta a noi, con quello che si è provato, a porsi diversamente di fronte a ciò che ci capiterà, gli altri potranno essere sempre gli stessi, nel lavoro e in tutti gli altri momenti: incontreremo, ancora, chi cercherà di imbrogliarci, di raccontarci balle, di illuderci ma, anche, di affrontarci con la solita generosità e disponibilità pur senza aver mai percorso un cammino, senza aver fatto un passo su un sentiero.
Ora, quindi, viene il bello e il più difficile, portare, nella vita di tutti i giorni, quello che si è appreso, i messaggi ricevuti e dare agli altri tutto quello che abbiamo ricevuto che, sono sicuro, è stato molto di più di quello che abbiamo potuto dare.
Allora, solo così, per me, il Mio cammino avrà avuto davvero un significato, oltre alla ricerca del percorso. Il tempo impiegato, quello tolto alla famiglia, al lavoro e tutti gli altri motivi avranno avuto un senso.
Anche se non sapevo cosa sarebbe, veramente, diventato, ho sempre sostenuto e mi sono sempre battuto perchè questa esperienza dovesse diventare un'opportunità per altri e questa dovrà essere la prossima tappa, con tanti altri progetti e tante altre persone... il cammino continua!
GRAZIE A TUTTI,  NINO